LA CRISI ATTUALE
Non possiamo rimanere indifferenti di fronte alla crisi contemporanea. Ci interpella come uomini, come cittadini e come credenti.
Ho l’impressione che questa crisi, che coinvolge tutto il mondo più o meno direttamente, viene affrontata molto spesso in un modo superficiale e con interventi di piccolo cabotaggio.
Il tipo di riflessione che vorrei proporre, cerca di andare alla radice della crisi e di prospettare per quanto è possibile alcune linee di fondo nell’ambito della mentalità e della conseguente prassi. Ecco il significato dei tre punti, posti come interrogativo
1. COSA DIRE DELLA CRISI ATTUALE
Innanzitutto non è una semplice crisi finanziaria e non può essere definita come “recessione”. Purtroppo è la “seconda grande contrazione”.
La prima grande contrazione è avvenuta nel 1929. L’occidente per uscirne usò il pensiero di J. M. Keynes, inventò le politiche sociali del “New Deal” e la costruzione del moderno “Welfare State”.
Per uscire da questa seconda grande contrazione occorre molto di più delle politiche sociali e dello stato sociale. E’ necessario una nuova visione di sviluppo, individuando prima le cause di questa grave contrazione.
2. COME INTERPRETARE LA CRISI ATTUALE ?
Oggi siamo di fronte ad una società divisa, impaurita, indebitata e disorientata. La contrazione finanziaria energetica e sociale è la conseguenza di una crisi culturale, spirituale. Nella società occidentale si è dimenticata la qualità dell’ambiente, delle relazioni umane, del mondo culturale e del contesto di senso della vita di ogni giorno.
Il cittadino del capitalismo tecnico non è stato educato ad obbedire a norme morali e ad esercitare la propria responsabilità, ma è stato sollecitato a liberarsi e ad esprimere se stesso nella logica dell’efficienza tecnica di profitto e del godimento immediato.
La tecnica non è asservita alla dignità dell’uomo e del bene comune, ma alla volontà di potenza e alla libertà individuale per espandere se stesso e la propria capacità di “godimento”.
3. CHE FARE PER USCIRE DALLA CRISI ATTUALE
La crisi dell’Occidente è una grande crisi di spiritualità. La sfida fondamentale dei nostri tempi è quella di riportare nella casa dell’umanità la vita dello spirito. La direzione da seguire è quella della riconciliazione profonda tra tecnica e umanità, tra tecnica e spiritualità, tra immanenza e trascendenza.
La trascendenza è la salvezza dal pantano del mero godimento. La salvaguardia della trascendenza è la chiave di volta del nostro destino. La trascendenza è lo spazio di elaborazione del senso capace di offrire una direzione e di dare uno spessore all’esperienza che facciamo della vita. Siamo fatti per l’infinito : “Signore ci hai creato per te, inquieto e insoddisfatto il nostro cuore finché non riposa in te” (S. Agostino).
Si vive questa trascendenza non tanto ritornando indietro o condizionando la tecnica, ma piuttosto aprendo il nostro impegno quotidiano, anche quello tecnico all’eterno.
Le tradizioni religiose millenarie costituiscono un patrimonio immenso di conoscenza e sapienza. Se non si arroccano su posizioni integraliste o fortemente difensive o identitarie, sono esse che potrebbero aiutarci a capire come la crisi dell’Occidente consista nell’aver confuso l’espansione materiale, quantitativa, individualista ed orizzontale con l’eccedenza spirituale, quantitativa, relazionale e verticale. La trascendenza non è l’al di là del mondano, ma è ciò che anima e attira il mondo dall’interno verso il suo compimento escatologico, finale. La religione non come evento chiuso nel privato, ma aperto nella storia dell’umanità per dare senso al vivere umano.
mons. Franco Cecchin
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