INTERVENTO DI MONS. FRANCO CECCHIN
AL NUOVO ARCIVESCOVO ANGELO CARD. SCOLA
PREMESSE
- “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”: mentre ho detto grazie al Signore per gli anni significativi di episcopato del card. Dionigi, adesso “dico bene a Dio” e al papa Benedetto XVI che mi ha donato Lei come nuovo Arcivescovo.
- Sono “franco” di nome e di fatto: dico e dirò quello che penso e sento, con franchezza nel rispetto e nell’obbedienza piena.
- Evidentemente il mio intervento non esaurisce tutto, ma suggerisce qualche indicazione parziale che sviluppo brevemente in tre punti.
I - OPINIONE PERSONALE SUL SUO ARRIVO
1 - Innanzitutto apprezzo il suo metodo sinodale. Anche dalla mia esperienza recente ho capito che il metodo dell’ascolto, della collegialità e della decisione finale è quello più ecclesiale e responsabilizzante.
2 - In secondo luogo quello che sto per dire non è per captare la sua benevolenza, ma è un’esigenza che mi nasce da alcune convinzioni.
3 - Non ho alcuna riserva sul fatto che Lei sia il nostro nuovo Arcivescovo. Anzi vedo l’opportunità soprattutto perché c’è bisogno nella nostra Chiesa e nella Società postmoderna di coniugare insieme la dimensione del territorio e la dimensione degli ambienti. Appena ho avuto la notizia ufficiale della sua nomina ho dichiarato: “E’ una grazia perché ci faciliterà a vivere il rapporto tra le parrocchie nelle sue varie espressioni e le associazioni/movimenti, nella dinamica della comunione ecclesiale locale ed universale per la missione”.
II - SOTTOLINEATURE PER L’INTERNO DELLA NOSTRA CHIESA
Nella dinamica di una comunione più autentica del nostro presbiterio e di tutto il popolo di Dio, con la consapevolezza e l’entusiasmo di comunicare la buona e bella notizia di Gesù Cristo, gradirei che si approfondiscano maggiormente tre ambiti, che nella Chiesa ambrosiana sono cantieri aperti o già chiusi, per arrivare a decisioni precise nella disponibilità di mente e di cuore senza tanti distinguo e mugugni:
1 - Iniziazione cristiana specialmente riguardante i nostri ragazzi: avere dei punti fissi comuni, in sintonia con la Chiesa italiana e lombarda (ad esempio collocazione del sacramento della Cresima, prima o dopo la Comunione…). Di conseguenza è proficuo essere più determinati nel collegare tale cammino con la Comunità cristiana, in particolare con la Pastorale giovanile. C’è di mezzo la trasmissione della fede alle nuove generazioni.
2 - Nuovo lezionario ambrosiano. Molti dei miei confratelli sanno che ero contrario al nuovo Lezionario soprattutto per la mobilità della nostra gente… Quando, però, l’arcivescovo Tettamanzi l’ha promulgato con l’approvazione della S. Sede, da prete obbediente, non solo lo ho accolto come dono, ma anche mi sono impegnato a commentarlo sia nella parte feriale, sia in quella festiva. Forse alcune scelte particolari del Lezionario possono essere migliorate. Mi sono accorto, però, che c’è un disegno articolato e significativo, ritmato sulla storia della salvezza. E’ opportuno conoscere maggiormente il contesto liturgico dei brani scritturistici proposti e conseguentemente il loro contesto biblico per arrivare all’approfondimento e all’attualizzazione. C’è bisogno di una “metabolizzazione” di una decina di anni da parte del presbiterio e della nostra gente per percepire almeno in parte il valore della scelta compiuta. Non dimentichiamo che la liturgia è “la fonte e il culmine della vita della Chiesa”.
3 - Rapporto tra parrocchia e unità/comunità pastorali: avere maggiormente una progettualità che intuisca il volto della Chiesa di domani. Un popolo di Dio che guarda il futuro, nella docilità dello Spirito di Cristo. È urgente precisare i contenuti, i criteri, le modalità di preparazione, di impegno e di verifica. C’è in gioco la nostra fedeltà e la nostra credibilità di discepoli di Gesù.
III - INDICAZIONI ECCLESIALI IN RAPPORTO AL MONDO
In questo momento “critico” del nostro paese Italia, sono convinto che come Chiesa dobbiamo riconoscere alcuni peccati di omissione: in passato abbiamo preparato laici cristiani che si sono coinvolti in un modo significativo nella costruzione della “civitas”; poi (sto semplificando parecchio!) abbiamo portato a casa soprattutto privilegi con poca attenzione all’accompagnamento cristiano dei politici; in questo ultimo periodo, dopo l’egemonia della Democrazia cristiana, la Chiesa “gerarchia” ha agito molto spesso in prima persona nella politica italiana e i cristiani laici hanno vissuto e vivono la loro presenza nella diaspora (un po’ di qua e un po’ di là). E adesso? Indico tre suggerimenti:
1 - La Comunità cristiana, in questo ambito, è chiamata sempre di più ad essere luogo di discernimento dei segni dei tempi, specialmente per cristiani laici impegnati in politica.
2 - E’ urgente verificare le varie proposte di preparazione all’impegno politico per una maggiore efficacia e coordinamento. E soprattutto è impellente approfondire gli itinerari educativi per far crescere in ogni battezzato la coscienza e la responsabilità verso il Bene comune.
3 - Infine, la Comunità cristiana, nelle sue varie espressioni, susciti, favorisca e sostenga gesti profetici di Carità che per il principio di Sussidiarietà diano un apporto responsabilizzante nella costruzione della civiltà dell’amore. L’assistenzialismo deve aprirsi alla promozione umana: aiutiamo la nostra gente ad essere, insieme agli altri, protagonista del “buon vivere” civile. Scommettiamo sulle famiglie e sui giovani.
mons. Franco Cecchin
prevosto di Lecco
Lecco, 12 ottobre 2011
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