UN SALTO CULTURALE: CI SI SALVA INSIEME O NON CI SI SALVA
Non tutto quello che sta succedendo nel nostro mondo viene per nuocere. La stessa crisi economica, che investe ogni ambito della nostra esistenza, è un potente appello ad un salto di qualità nel nostro modo di pensare e di agire: ci si salva insieme o non ci si salva.
La stessa globalizzazione, che nella sua dimensione di fondo è un fenomeno positivo (interdipendenza dei popoli), di fatto presenta aspetti negativi che hanno portato ad accentuare la crisi economica dei paesi, specialmente di quelli dell’area occidentale.
In realtà, se abbiamo la capacità di una lettura più profonda del nostro vivere, ci accorgiamo che questa crisi globale ci sollecita da un lato a riscoprire alcuni valori che la nostra società secolarizzata ha cancellato, dall’altro lato ad impegnarci a far sì che la nostra terra sia la casa di tutti, mettendo in primo piano la dignità della persona umana.
Dobbiamo riconoscere che se la cultura postmoderna con il suo pensiero debole (soggettivismo, relativismo, nichilismo…) ha reso vuote certe parole come solidarietà, bene comune e giustizia nell’amore, la crisi economica attuale con i suoi risvolti profondi di crisi etica ed esistenziale ci porta ad affermare che queste parole mostrano una realtà umana e cristiana che interpella l’intelligenza e la libertà di ogni abitante della terra.
Passiamo in rassegna le singole parole indicate, cercando di mostrarne i contenuti e le conseguenze che derivano non solo da un punto di vista morale, ma anche ontologico, sul piano dell’essere:
- Solidarietà: l’altro e gli altri sono sì diversi da noi, ma sono persone che appartengono ad un tutto uno e quindi essi insieme a noi sono l’intero. La visione cristiana dell’umanità non è estrinseca, ma profonda: Dio Padre ha un progetto sull’umanità che è quello di formare di tutti i popoli una sola famiglia di cui lui è il Padre e noi siamo figli nel suo Figlio Gesù con il dono del suo Spirito.
- Bene comune: è il bene di una società e come tale è superiore al bene dei singoli individui. La visione cristiana non è né collettivistica né individualistica, perché non intende sacrificare né l’individuo alla società, né la società all’individuo, ma indica che il Bene comune si attua in una interdipendenza dinamica tra individuo e società, tra società e individui.
- Giustizia nell’amore: è il valore sociale per cui si riconoscono e si rispettano i diritti altrui come si riconoscono e si rispettano i propri. Per arrivare a tale obiettivo è necessario l’amore, che nella visione cristiana si chiama carità (non assistenzialismo, ma amare i fratelli come Gesù Cristo ha amato noi). Molteplici sono le espressioni autentiche della “vera” e “buona” giustizia: condivisione, sobrietà, politica, sussidiarietà…
A questo punto non ci rimane altro che far circolare queste idee, e se le condividiamo, a partire da ciascuno di noi, mettiamole in pratica perché diventino costume di vita personale e comunitaria.
mons. Franco Cecchin, prevosto di Lecco
Lecco, 22 maggio 2012
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